La mole imponente della roccia incombe sull’abitato e sul via vai degli umani, che sembrano tuttavia considerare questa presenza più protettiva che minacciosa, a giudicare da come le case e le stradine del vecchio centro si affollano alle sue pendici e si inerpicano lungo le falde, simili ad una frotta di pargoletti che cerchino di arrampicarsi sulle ginocchia della madre. Non a caso, la cittadina normanna è stata paragonata ad una lumaca, di cui l’abitato costituirebbe il fragilissimo corpo e la Rocca il grande guscio protettivo. Le corna? Le corna sarebbero le due torri del Duomo.
Che Cefalù e la Rocca costituiscano un unicum inscindibile è sotto gli occhi di tutti: quando percorrete la statale provenendo da Palermo e cogliete la prima veduta della città, fermatevi un momento e provate a immaginare l’una senza l’altra, Cefalù senza la sua sempiterna custode, il Duomo senza il suo sfondo roccioso, e scoprirete che ben poco rimarrebbe del fascino straordinario che emana da questo luogo. Parte di questo fascino è data dal peculiare contrasto tra la selvaggia naturalità della Rocca e quel frutto prezioso della creatività e dell’arte che è il Duomo di Cefalù: contrasto, dunque, tra l’opera casuale degli agenti naturali e quella consapevole dell’uomo, contrasto (e in questo caso perfetta fusione) tra natura e civiltà.
Altro si potrebbe raccontare della Rocca, della sua storia millenaria e di strani eventi di cui è forse stata testimone, ma di questo in una prossima occasione.